martedì 19 novembre 2013

FIP - Peritonite Infettiva Felina

NB: questa pagina non vuole assolutamente essere un compendio di veterinaria, nè ha lo scopo di entrare nei dettagli tecnici che spiegano lo sviluppo e il decorso della FIP. Il mio obiettivo è quello di fornire con parole semplici un’idea di chi sia questo “mostro” che ogni anno miete tante vittime tra i nostri mici, alla folta schiera di persone che non sono medici, veterinari o allevatori ma vogliono capire per conoscere e conoscere per imparare a gestire la paura e, talvolta, il dolore per una perdita tanto improvvisa…

Cos’è la Peritonite Infettiva felina (FIP o PIF)

La peritonite infettina felina (detta FIP o PIF) è una malattia letale del gatto che si sviluppa improvvisamente e nel giro di pochissimo tempo (poche settimane o addirittura pochi giorni) è in grado di debilitare e spegnere completamente la vita di un gatto. I meccanismi che regolano l’insorgenza di questa malattia sono estremamente complessi e non ancora completamente noti ma di seguito potrete farvi un’idea di cos’è la FIP e come si contrae.

Il ruolo dei coronavirus

Immaginate di essere un po’ influenzati. Siete consapevoli che il vostro stato è dovuto al fatto che in qualche modo e in qualche momento non precisamente identificabili (magari in metro? magari in ufficio? sull’autobus? chi può dirlo…) il vostro organismo è entrato in contatto con un virus. Sapete anche che l’indolenzimento e/o la febbre sono sintomo di questo “attacco” e vi aspettate che ci vorrà qualche giorno prima che il virus abbia fatto il suo decorso e il vostro organismo lo combatta, permettendovi di tornare in forma.
Tutto quel che fate è prendere una tachipirina per contenere la febbre ma per il resto bisogna solo aver pazienza…
Anche i gatti, esattamente come gli esseri umani e altri mammiferi, possono essere vittime di virus ambientali e anche loro possono avere qualche giorno di debilitazione (un po’ di diarrea, un raffreddore passeggero) per poi tornare in forma a volte anche senza intervento farmaceutico.
Uno dei tipi di virus più diffuso che possono causare questo genere di disturbi nei gatti è il “coronavirus”, così chiamato per via della forma a corona.
I coronavirus sono responsabili di malesseri passeggeri nei gatti, quali diarrea e/o affezioni respiratorie che si risolvono spesso con qualche giorno di riposo ma molto spesso possono essere debellati dall’organismo del micio senza dare alcunissimo sintomo.

Perchè i gatti si ammalano di FIP?

Nei gatti che si ammalano di FIP avviene una cosa molto strana che la scienza non è ancora riuscita completamente a spiegare.
Il micio, in qualche modo e in qualche momento, entra in contatto con un coronavirus. In un certo senso, “prende l’influenza” che, come abbiamo appena detto, può essere sintomatica oppure no.
Il virus può albergare nel corpo del micio per un tempo più o meno lungo (giorni ma anche mesi o anni!) che dipende da quanto efficacemente il suo sistema immunitario è in grado di reagire per espellerlo definitivamente e da quante occasioni ha il micio di entrare ripetutamente in contatto con un coronavirus (se un micio vivesse in un ambiente saturo di virus o con un altro gatto affetto, lo ri-contrarrebbe ripetutamente).
In alcuni gatti, secondo meccanismi non ancora chiari alla scienza, il virus ospitato dall’organismo per tutto questo tempo, può trasformarsi, mutare: il sistema immunitario del gatto, già impegnato nella difficile lotta di espulsione del coronavirus originario, si ritrova adesso ad affrontare un “nuovo” nemico. Purtroppo, questo nemico è molto più furbo del precedente perchè è capace di “nascondersi” tra le cellule dell’organismo, confondendosi persino tra quelle deputate a combatterlo! In un certo senso, è come se il sistema immunitario fosse dotato di un esercito all’interno del quale ci sono degli eversori che, notte tempo, organizzano la rivolta.
Infatti, i coronavirus mutati hanno una struttura tale per cui il sistema immunitario non riesce a riconoscerli, oppure sviluppa una risposta talmente forte da lesionare l’organismo stesso! In pratica, il sistema immunitario va in confusione, sa che c’è un nemico da attaccare e quindi ingrossa le file del suo esercito. Nel contempo, però, a man mano che l’esercito si ingrossa, aumenta anche il numero degli eversori, finchè l’esercito non si ritrova a combattere addirittura contro se stesso, autodistruggendosi.

Da cosa dipendono i sintomi della FIP?

Le conseguenze di questa battaglia possono essere due (e possono verificarsi insieme):
  • i vasi sanguigni si infiammano e a causa dell’infiammazione si forma del liquido derivato dal sangue (detto essudato) che si accumulera’ nell’addome, nel torace, nel sistema nervoso, nella retina
  • il sistema immunitario produce una tale quantita’ di cellule deputate alla battaglia in corso da intossicare l’organismo stesso e, in particolare, fegato, rene, pancreas, sistema nervoso centrale all’altezza dei quali iniziano a formarsi granulomi
A questo punto, il micio è malato di FIP in fase conclamata e può presentare una fila di sintomi che vanno dal versamento toracico e/o addominale, ad una insufficienza epatica/pancreatica che lo infiacchiranno con il passare dei giorni fino a spegnerlo definitivamente.
È importante dunque capire che tutti i sintomi classici della FIP non sono la malattia di per sè ma solo la conseguenza ultima di una fortissima risposta del sistema immunitario… contro se stesso :( ed è originata da un banalissimo virus che per cause sconosciute muta nell’organismo che lo ospita.

La FIP è contagiosa?

Come abbiamo detto, la FIP si origina dalla mutazione, dalla trasformazione all’interno dell’organismo di un comune virus della famiglia dei coronavirus in un qualcosa che il sistema immunitario non riesce a riconoscere.
La malattia, quindi, è un qualcosa che si riferisce allo specifico gatto che l’ha sviluppata e come tale non è trasmissibile nè prevedibile (non si può trasmettere nè prevedere una mutazione!).
Quel che i gatti possono trasmettersi vicendevolmente è il coronavirus così come gli umani l’influenza ma che questo possa poi trasformarsi o meno in ciascun soggetto, è assolutamente individuale e non predicibile in alcun modo.

Esiste una forma di prevenzione da FIP?

Sarebbe molto bello poter rispondere positivamente a questa domanda ma temo di non poterlo fare.
In teoria, la prevenzione migliore consiste nell’avere gatti negativi al coronavirus (se il virus non è in circolo, non può mutare), il che è come dire avere persone che stabilmente non hanno l’influenza. 
Tuttavia, i coronavirus vivono normalmente nell’ambiente esattamente come i virus influenzali umani per cui sono molteplici le occasioni in cui un gatto potrebbe contrarne uno, così come sono molteplici le occasioni per un essere umano di contrarre l’influenza, soprattutto d’inverno.
Allora, la miglior forma di prevenzione resta fornire al micio un ambiente e uno stile di vita tali da mettere in condizioni il suo sistema immunitario di reagire efficientemente all’attacco di un coronavirus, espellendolo in fretta e con decisione prima che una qualunque mutazione possa accadere. L’assenza di stress, l’igiene e il numero adeguato di cassette e di ciotole (è bene disinfettare tutto almeno una volta a settimana con 1 volume di candeggina e 32 d’acqua), un numero di gatti mai troppo elevato nello stesso ambiente, sono le norme di prevenzione minime per contenere i rischi.
Inoltre, negli ultimi anni i ricercatori si stanno concentrando sempre di piu’ sui fattori genetici che regolerebbero le risposte immunitarie. Sembrerebbe, infatti, che la tendenza a sviluppare laFIP (ossia a sviluppare la mutazione) sia riconducibile ad una predisposizione che i gatti erediterebbero dai loro genitori.
Infine, è d’obbligo sottolineare come, purtroppo, l’insorgenza della malattia sia legata banalmente alla sfortuna. Come tutto ciò che dipende dal caso, anche l’insorgenza di una mutazione che può trasformarsi in una malattia letale, sfugge semplicemente al nostro controllo, per inseguire una logica di malasorte a cui certi mici sembrano ineluttabilmente legati.
(A Giuliano)

venerdì 10 agosto 2012

insufficienza cardiaca sinistra (congestizia)

L'insufficienza cardiaca congestizia è una condizione patologica in cui si riscontra un eccesso di liquido presente nei polmoni e/o in altri organi parti dell'organismo, a causa dell'inadeguatezza della funzione di pompa del cuore. L'accumulo di liquido dà luogo la formazione di edemi o tumefazioni. Il termine congestizio viene adoperato in quanto i liquidi congestionano gli organi.
cardiaca congestizia.jpg
Si parla di insufficienza cardiaca poiché la congestione rappresenta sia una conseguenza sia un fattore causale di aggravamento della difficoltà del cuore a funzionare correttamente. La congestione può trovarsi in un rapporto di causa effetto anche con la funzione polmonare. L'Insufficienza cardiaca congestizia può trarre origine da alterazioni delle valvole cardiache, da ipertensione o da qualche forma di malattia polmonare costruttiva, come l'enfisema, oppure può insorgere come complicanza dell'infarto acuto del miocardio. L'Insufficienza cardiaca congestizia spesso progredisce nel modo seguente:

-A causa del danno del ventricolo sinistro, il sangue ritorna indietro nel circolo polmonare e, quindi nei polmoni. L'accumulo di liquido nei polmoni prende il nome di edema polmonare. Esso fa diminuire l'efficienza degli scambi gassosi tra gli alveoli i capillari polmonari,così che il paziente va incontro ad affanno, o dispnea. L'esame ascoltatorio, mediante stetoscopio, può mettere in evidenza rantoli crepitanti. Talora, in questi pazienti, si riscontra l'emoftoe.

-L'insufficenza del cuore sinistro, se non trattata, causa comunemente anche insufficienza del cuore destro. La parte destra del cuore che riceve il sangue refluo della grande circolazione e lo pompa nella circolazione polmonare diviene congestionata a causa del ristagno polmonare, che non permette ai polmoni di ricevere ancora sangue. Può verificarsi a sua volta, l'accumulo di liquidi nelle parti declivi dell'organismo,in particolare a livello degli arti posteriori e dell'addome.

Segni e sintomi.
Fra i segni e i sintomi dell'insufficienza cardiaca congestizia figurano:
  • Tachicardia- polso rapido, .
  • Dispnea- affanno, difficoltà di respirazione.
  • Pressione arteriosa normale o elevata.
  • Cianosi.
  • Diaforesi- sudorazione profusa con cute fredda e sudata.
  • Edema polmonare, talvolta con emissione diliquido schiumoso o di colore rosa
  • Ansia o confusione causata dall'ipossia(inadeguato afflusso di sangue ossigenato al tessuto encefalico e ad altri tessuti) derivanti, sua volta da inefficienza degli scambi ossigeno anidride carbonica.
  • Edemi declivi.
  • Turgore nelle vene giugulari, che si presentano pulsanti.
  • Epatosplenomegalia associata a distensione addominale.

mercoledì 2 maggio 2012


LA FeLV



Che cos’è la FELV?
La FeLV o Leucemia Felina è una grave malattia causata da un virus della famiglia dei Retrovirus, colpisce i
gatti e provoca diminuzione dei globuli bianchi del sangue e predispone ad altri tipi di infezioni e a tumori.
I sintomi clinici. I primi sintomi possono manifestarsi con aumento generalizzato dei linfonodi, debolezza,
calo di peso e anemia. Si instaurano secondariamente alle turbe al sistema immunitario, patologie a carico di
diversi apparati: infezioni croniche e progressive al cavo orale, infezioni croniche respiratorie, problemi
cutanei, vomito e diarrea , patologie a carico dell’occhio, otiti recidivanti e forme neoplastiche come il linfoma e la leucemia linfoide.
Quali gatti sono a rischio? 
Sono maggiormente a rischio i soggetti che vivono in gruppi numerosi, che si trovano in gattili e colonie, i
gatti randagi e quelli che hanno la possibilità di uscire di casa.
Mentre i gatti d’affezione che vivono da soli in casa, i gatti custoditi in gattili ben controllati e i soggetti che
risiedono in allevamenti hanno scarse probabilità di contrarre l’infezione.
Quanto è diffusa la FeLV? La leucemia felina è una delle principali cause di patologie gravi e  di morte nella
popolazione felina.
Dagli studi effettuati negli ultimi anni risulta che il 30-50% dei gatti che vivono in comunità miste ne sono
affetti, mentre solo l’ 1% dei gatti di casa o che vivono in allevamenti di razza pura hanno contratto
l’infezione.
Chi colpisce la Leucemia felina? Colpisce in particolar modo i gatti giovani; sono suscettibili di infezioni i
soggetti dalle 8-9 settimane di vita fino a 1-2 anni di età. Al di sopra dei 2 anni l’incidenza dell’infezione
sembra decrescere.
Come si diffonde la FeLV? Si trasmette per contatto diretto tra i gatti; la saliva e le secrezioni di un gatto
con viremia in corso saranno ricche di virus. E’ sufficiente che i soggetti condividano la stessa ciotola per il
cibo o la lettiera o attraverso la pulizia reciproca. E’ comunque necessario un intimo e prolungato contatto.
Inoltre è possibile una trasmissione dalla madre ai feti attraverso la placenta e in seguito attraverso il
colostro.
Questo virus vive a lungo nell’ambiente esterno?
Assolutamente No! Il virus vive in genere dalle poche
ore a un paio di giorni ed è ucciso dai comuni disinfettanti, specie se associati ad acqua calda.
Un gatto che ha contatti con un soggetto FeLV, contrarrà sicuramente l’infezione?
Dipende dall’età del  soggetto e dal tempo di esposizione. I gattini nati da madri resistenti al virus saranno protetti per i primi mesi
di vita dagli anticorpi materni, ma successivamente, quando il livello degli anticorpi materni scenderà
saranno suscettibili di infezioni.
Molto dipende dalla condizione nutrizionale , dallo stato immunitario e dalle abitudini di vita del gatto. I
soggetti  deperiti e immunodepressi hanno maggiore probabilità di contrarre il virus.
I gatti randagi hanno il 50% delle probabilità di contrarre l’infezione, ma solo l’1-2% dei soggetti sviluppa la
malattia.
I soggetti che vivono in comunità presentano il 70-100% di esposizione al virus, di questi il 50% si ammala
veramente.
Una persona si può infettare con il virus della FeLV?
Assolutamente NO! Al momento non esistono prove di una trasmissione del virus dall’animale all’uomo.
Test per FeLV. La diagnosi di Leucemia felina può essere effettuata presso il proprio medico veterinario di
fiducia attraverso un prelievo di sangue e l’esecuzione di un test di laboratorio in grado di rilevare un
antigene di membrana presente sul virus.
Il test diagnostico disponibile in clinica è di facile esecuzione, veloce e accurato.
Nel caso in cui il test ambulatoriale dia un risultato dubbio, i campioni di sangue possono essere spediti in
laboratori specializzati per essere sottoposto a indagini più approfondite.
Test per FeLV positivo. Se il gatto è sintomatico è sufficiente un singolo test positivo per confermare la
diagnosi di malattia, se ,invece, il soggetto è sano si consiglia di ritestarlo tra 3 mesi (le viremie transitorie
sono rare e non durano più di tre mesi).
Test per FeLV negativo. Se il gatto è sano e non esposto al rischio di infezione è sufficiente un singolo
risultato negativo del test, se il soggetto è sano ma esposto al rischio di contagio è necessario ripetere il test
dopo 3 mesi per accertarsi che il micio non stia incubando il virus.
Quanto tempo può vivere un gatto FeLV positivo? 
Secondo le statistiche l’83% dei gatti con malattia
manifesta muore in circa tre anni (ma alcuni sopravvivono a lungo), di questi il 20% muore di malattie
neoplastiche (5% leucemia, 10-20% linfoma). I gatti FeLV positivi hanno circa il 60% di possibilità in più di
sviluppare un linfoma rispetto a soggetti FeLV negativi.
Un gatto FeLV positivo può essere curato? 
Purtroppo no, ma ci sono  delle sostanze e degli accorgimenti
che permettono di migliorare la qualità e la quantità della vita.
Cosa fare per far vivere meglio un gatto FeLV positivo.
• buona nutrizione
• evitare gli stress
• fare controlli routinari per parassiti e malattie secondarie
• trattare le eventuali altre malattie in modo rapido e aggressivo
• prendere in considerazione la somministrazione di immunomodulatori (es. Interferone) e agenti
antivirali
• tenere il gatto in casa
• mantenere una buona igiene dentale
• evitare il contatto con gatti malati
• controllare le pulci
• evitare la “caccia”.

Prevenzione!

 L’unica prevenzione possibile nei confronti della Leucemia felina è la vaccinazione. Possono
essere sottoposti a vaccinazione annuale i soggetti risultati negativi al test di laboratorio. La vaccinazione è
caldamente consigliata in gatti a rischio di infezioni, come i soggetti che vivono in comunità o i soggetti che
vivono all’aperto e hanno possibilità di venire a contatto con soggetti infetti.
La vaccinazione in soggetti con malattia conclamata non offre nessun beneficio.

martedì 17 aprile 2012


 Sperimentazione per i tumori non operabili...


Parole chiave: 
Emangiosarcoma: Neoplasia maligna che prende origine "dall'endotelio vascolare" 
Endotelio Vascolare: Parete interna di un vaso Sanguigno. 
Splenectomia: intervento chirurgico di asportazione della milza

identificazione
Cane 3 anni maschio razza Staffordshire Terrier .
Splenectomizzato un anno e mezzo fa per emangiosarcoma.





Marzo 2012 all ‘ecografia si rileva una neoformazione di 4,5 cm x3, si effettua una laparatomia esplorativa che identifica una massa adesa alla base vescicale con numerose aderenze sull’ultimo tratto dell’intestino.
Giudizio clinico  : INOPERABILE.

Effettuo delle biopsie in loco dove si instaura una forte emorragia e non mi permette di proseguire oltre

Diagnosi istologica: Emangiosarcoma

Protocollo chemioterapico: Vincristina  0,75 mg/m2 

A distanza di circa un mese la riduzione è stata di poco meno di un centimetro (misurazione ecografica) , già un successo per la tipologia di tumore.

Ho voluto applicare "L'UTILIZZAZIONE AD USO IMPROPRIO DEL PALLADIA” (vedi precedente post, il Palladia non è indicato per la cura di questi tumori) che ha dato una riduzione di 1,5 cm in una sola settimana! Attualmente la misurazione ecografica risulta 2cmx 2,2 Un puro Caso? Sta di fatto che il cane sta molto bene apllicando la sempre valida prima regola della medicina "Primum non nocere"
 ..............Stiamo a vedere...Vi terrò aggiornati! 




venerdì 13 aprile 2012

E' Online l'aggiornamento della mia web page





Troverete un sacco di consigli e la possibilità di essere sempre aggiornati!!!!



giovedì 12 aprile 2012

NUOVO FARMACO ANTITUMORALE PER CANI

CAMPIONE SPERIMENTALE DISPONIBILE IN AMBULATORIO





Che cos’è Palladia?
Palladia contiene toceranib, che appartiene ad una classe di medicinali ad attività antitumorale.
Il medicinale è disponibile in compresse: 10 mg (blu), 15 mg; (arancione) e 50 mg (rosso).
Per che cosa si usa Palladia?
Palladia è usato per il trattamento dei cani affetti da mastocitomi (un tipo di tumore cutaneo).
Viene usato per i tumori di carattere grave (grado 2 o 3), recidivi e non resecabili.  La dose
usuale è di 3,25 mg per kg di peso corporeo e il numero di compresse da utilizzare viene
attentamente calcolata per ciascun cane. Le compresse vengono somministrate a giorni alterni,
con o senza cibo. La durata del trattamento dipende dalla risposta del cane alla terapia.
Come agisce Palladia?
Il principio attivo di Palladia, toceranib, è un inibitore del ricettore tirosin-chinasico. Esso cioè
blocca alcuni enzimi specifici noti come tirosin-chinasi. Questi enzimi possono trovarsi nei
mastocitomi, dove vengono coinvolti nella crecita e diffusione delle cellule tumorali nonché
nella crescita dei vasi sanguigni. Bloccando tali enzimi, Palladia può contribuire a controllare
la crescita anormale delle cellule e prevenire l’ulteriore sviluppo di questo tipo di tumore.
Quali studi sono stati effettuati su Palladia? 
È stato condotta una serie di studi tanto su cani da laboratorio quanto su pazienti animali in
ambulatori od ospedali veterinari.
Lo studio principale è stato effettuato in due fasi su 151 cani affetti da mastocitomi. In una
prima fase (sino a sei settimane), Palladia è stato raffrontato con un placebo (trattamento
fittizio). In caso di peggioramento della malattia, il trattamento con Palladia veniva sospeso e
il cane esonerato dallo studio. Dopo sei settimane (seconda fase), lo studio proseguiva con
tutti i cani rimanenti trattati con Palladia per altri quattro mesi e mezzo in media.
Il trattamento è stato avviato con la dose raccomandata, che è stata in seguito ridotta o il
trattamento è stato sospeso per pochi giorni e in alcuni cani. I principali parametri
dell’efficacia erano la “risposta obiettiva” (una valutazione del veterinario sul modo in cui il
tumore cambiava durante il trattamento) e il tempo intercorso sino al peggioramento del
tumore. ©2009 2/2
Quali benefici ha mostrato Palladia nel corso degli studi? 
Dopo sei settimane di trattamento, i cani trattati con Palladia presentavano tassi di risposta
obiettivi superiori (37%) rispetto ai cani trattati con placebo (8%). Una risposta completa
(scomparsa del tumore) veniva registrata in circa l’8% e una risposta parziale (restringimento
del tumore) è stata osservata in circa il 29% dei cani trattati con Palladia. Nei cani trattati con
Palladia, il tempo di peggioramento del tumore è anche stato maggiore (nove a dieci settimane
in media) rispetto a quello dei cani trattati con placebo (in media tre settimane)
Qual è il rischio associato a Palladia?
Gli effetti indesiderati più comuni osservati con Palladia sono stati diarrea e vomito, perdita di
appetito, letargia (mancanza di energia), neutropenia (basso conteggio dei globuli bianchi),
difficoltà nei movimenti (zoppia) e perdita di peso. Queste reazioni sono generalmente da lievi
a moderate e temporanee. Il veterinario deve monitorare regolarmente i cani a causa degli
effetti indesiderati (all’inizio del trattamento ciò deve avvenire almeno una volta alla
settimana). Nel caso in cui si manifestino effetti indesiderati, il veterinario può decidere di
ridurre la dose di Palladia o di sospendere il trattamento, sia temporaneamente che
permanentemente.
Palladia non deve essere usato in cani di età inferiore ai due anni o con un peso inferiore ai 3
kg, in cagne gravide o in allattamento oppure in cani da riproduzione. Non deve essere usato
in cani che sono ipersensibili (allergici) a toceranib o a una qualsiasi delle altre sostanze. Non
deve essere usato in cani con sanguinamento allo stomaco o all’intestino. Per l’elenco
completo degli effetti indesiderati rilevati, si rimanda al foglio illustrativo.
Quali sono le precauzioni che deve prendere la persona che somministra il medicinale o entra in 
contatto con l’animale? 
Le compresse devono essere somministrate intere e non devono essere suddivise, rotte o
frantumate.  Se le compresse rotte o il vomito, l’urina e le feci di un cane trattato vengono a
contatto con la pelle o gli occhi, sciacquare immediatamente con abbondante acqua. I bambini
non devono essere in stretto contatto con il medicinale o con le feci o vomito dei cani trattati.
In caso di assunzione accidentale di Palladia, consultare immediatamente un medico e
mostrargli il foglio illustrativo o l’etichetta. Per maggiori informazioni, si rimanda al foglio
illustrativo.
Perché è stato approvato Palladia?
Il comitato per i medicinali veterinari (CVMP) ha concluso che i benefici di Palladia sono
superiori ai rischi nel trattamento dei mastocitomi cutanei non resecabili di grado II (grado
intermedio) o grado III (grado elevato) di Patnaik, recidivanti, nei cani e ha raccomandato il
rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio per Palladia.

mercoledì 11 aprile 2012





EMOCROMO CON FORMULA
  (Immediato presso questo ambulatorio)

L’emocromo è l’esame del sangue più comune. Esso contempla il conteggio del numero dei globuli rossi (eritrociti), dei globuli bianchi (leucociti) e delle piastrine (trombociti).

Globuli rossi
I globuli rossi - o eritrociti - sono cellule del diametro medio di 8 micron (8 millesimi di millimetro) a forma di disco adibite al trasporto di ossigeno e anidride carbonica. I globuli rossi nascono nel midollo emopoietico a partire da cellule immature chiamate eritroblasti. Il tempo di maturazione degli eritrociti è di 5 giorni e la loro vita media è di 120 giorni.


Un aumento dei globuli rossi oltre i valori normali può indicare talassemia, policitemia assoluta o poliglobulia secondaria. Una diminuzione può essere sintomo di anemie.

Globuli bianchi
I globuli bianchi - o leucociti - non contengono emoglobina e sono in rapporto di 1 a 1.000 con i globuli rossi.
La composizione dei globuli bianchi (
formula leucocitaria) è la seguente:
·         Leucociti totali: 
·         Granulociti neutrofili
·         Granulociti eosinofili
·         Granulociti basofili
·         Linfociti
·         Monociti
Con il termine leucopenia si indica una riduzione del numero dei globuli bianchi, mentre conleucocitosi un loro aumento.
 

Piastrine
Sono i più piccoli elementi figurati del sangue che contribuiscono alla coagulazione; aggregandosi insieme in particolari situazioni (traumi, ferite) bloccano le emorragie.
Le piastrine appaiono come dischi dal diametro di 2-4 millimetri che - in caso di emorragia- vanno a formare un 'tappo piastrinico' in grado di fermarla (
emostasi primaria).

Un 
aumento delle piastrine è indice di sindromi mieloproliferative o trombocitosi secondarie (flogosi, emorragie, splenectomia, neoplasie). Può verificarsi anche in seguito ad attività fisica o in concomitanza con il parto.
Una diminuzione  può compromettere l'emostasi (la capacità di fermare le emorragie) e si verifica a causa di infezioni, malformazioni congenite, intossicazioni, terapie farmacologiche, infiltrazione midollareSindrome di Fanconi.
Ematocrito
L’ematocrito è un esame che misura la quantità percentuale della parte corpuscolata(costituita principalmente da globuli rossi) sul volume totale del sangue.

Emoglobina
Proteina coniugata che svolge la funzione di trasporto dell'ossigeno. La carenza di emoglobina comporta uno stato anemico. 

MCV, MCH, MCHC
MCV (Mean Corpuscolar Volume)

Indica il volume corpuscolare medio dei globuli rossi sul totale dell'ematocrito. Discrimina le anemie in normocitiche, microcitiche e macrocitiche.

MCH (Mean Corpuscolar Hemoglobin)

Indica il contenuto medio emoglobinico rispetto ai globuli rossi. Distingue le anemie ipocromiche dalle normocromiche. 

MCHC (Mean Corpuscolar Hemoglobin Concentration)

Indica la concentrazione media di emoglobina eritrocitaria.  

RDW (Red Cell Distribution Width - Ampiezza di distribuzione dei volumi eritrocitari)
RDW indica l'omogeneità del volume dei globuli rossi. Quanto più è alto, tanto maggiore è la disomogeneità.

Un aumento può verificarsi in presenza di 
anemie sideropeniche e megaloblastiche, o in seguito ad una trasfusione di sangue. Una diminuzione si verifica in seguito al trattamento delle anemie.